Mario Bruno esorta il Consiglio Regionale, la classe dirigente della Sardegna nelle sue articolazioni istituzionali, sociali, sindacali, produttive e il popolo sardo a reagire
ALGHERO - «È disarmante la debolezza della Regione alla lettura del decreto del governo e soprattutto delle sette schede prodotte dalla giunta regionale per l’apertura del tavolo tecnico con lo Stato. Il presidente Cappellacci e l’assessore La Spisa, tra l’altro, ci avevano rassicurato per tre lunghi anni: federalismo fiscale e vertenza entrate devono rimanere su tavoli distinti. Ed invece la Giunta c’è cascata: il decreto del Governo che istituisce il tavolo tecnico si inserisce pienamente nel “quadro realizzativo del federalismo fiscale”».
Così il vice-presidente del consiglio regionale del Partito democratico, l'algherese Mario Bruno, commenta l'apertura del "tavolo tecnico" col governo Monti: «la giunta Cappellacci - dice - accetta perfino di riaprire le trattative sulla vertenza entrate». «Quale trattativa si deve riaprire se, come ha sottolineato anche il Presidente della Repubblica nei giorni scorsi, è già nell’articolo 8 del nostro Statuto il pieno riconoscimento del diritto alla compartecipazione delle entrate erariali prodotte in Sardegna», domanda Mario Bruno.
Lo ha ben rimarcato, nella relazione di apertura dell'anno giudiziario, il presidente della Corte dei Conti, Mario Scano: «l'articolo 8 dello Statuto non ha natura di norma di principio, ma detta un precetto di immediata applicazione e non è necessaria la previa emanazione di disposizioni di attuazione». Si tratta solo di applicare la legge e di onorare il debito, sottolinea il politico algherese. «Cappellacci e La Spisa accettano poi come niente fosse le “briciole” dei Fas e non fanno neppure cenno alla mancata approvazione del Piano Attuativo Regionale, che prevede per la Sardegna oltre due miliardi di euro, mentre si accontentano, rassegnati, dello stralcio del fantomatico Piano del Sud su “infrastrutture ed edilizia universitaria”, per le quali ancora la Regione non ha visto neanche un euro».
Passando all'attuazione del principio di insularità, che secondo le promesse di Berlusconi fatte proprie da Cappellacci sarebbe stata la panacea di tutti i nostri mali, «è davvero incredibile scoprire come oggi si chieda umilmente allo Stato “il riconoscimento della condizione di insularità e della continuità territoriale”, che invece sarebbero già insite nella nostra specificità e nella nostra specialità: cioè nei nostri diritti», attacca Bruno, che in chiusura esorta il Consiglio Regionale (anche in virtù dei tanti ordini del giorno unitari sistematicamente disattesi dalla giunta) la classe dirigente della Sardegna nelle sue articolazioni istituzionali, sociali, sindacali, produttive e il popolo sardo, «affinchè non restino a guardare». Ora più che mai occorrono azioni concrete: «le parole sono finite», conclude il democratico.
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