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Red 11 febbraio 2010
Master & Back: Percorsi di rientro in stand-by
Le pratiche per la concessione dei finanziamenti per l’assunzione dei laureati sardi specializzati all’estero sono ferme. Storia di un percorso tortuoso. Le conseguenze si vedranno tra due anni


CAGLIARI – Le imprese sarde che vorranno assumere giovani laureati, specializzati all’estero e pronti al rientro in patria, dovranno aspettare ancora. Il bando è ancora chiuso nelle stanze dell’Agenzia Regionale per il Lavoro, nonostante le promesse di pubblicazione per il 20 di gennaio. Riepiloghiamo la situazione. I giovani laureati sardi hanno avuto negli ultimi anni la possibilità di recarsi al di fuori del territorio regionale per seguire dei master o per fare esperienze di stage.

Tutto questo grazie agli stanziamenti del Fondo Sociale Europeo integrati dalla Regione nello strumento Por. La seconda parte del programma prevede che i laureati, forti delle conoscenze e delle esperienze accumulate all’estero o “in continente”, siano reinseriti nel tessuto economico e accademico della regione, grazie ad una sovvenzione a fondo perduto che, nei limiti della normativa sugli aiuti di stato alle imprese, consente alle aziende e agli enti pubblici sardi tra cui le università, di assumere i giovani con contratti di lavoro o assegni di ricerca a costo zero.

Il costo infatti è coperto dai 15 milioni di euro stanziati per questa seconda fase denominata “Percorsi di Rientro”. Una lunga attesa ha preceduto l’uscita di questo bando e finalmente a fine ottobre si è aperta la fase di iscrizione alle vetrine. Le vetrine sono uno spazio dove candidati da una parte e aziende dall’altra si descrivono, presentando gli uni il proprio curriculum e le altre le figure professionali ricercate. Solo dopo la pubblicazione delle vetrine sarà possibile presentare una domanda congiunta di finanziamento da parte di impresa e candidato che si siano incontrati e abbiano verificato la loro compatibilità.

La pubblicazione delle vetrine era prevista, al netto delle festività natalizie, intorno al 20 gennaio. Ad oggi però, non si vede niente all’orizzonte; tutto è fermo anche a causa di avvicendamenti politici. Infatti all’indomani della vittoria della coalizione di Centro-destra alle ultime elezioni regionali, l’Agenzia regionale del Lavoro è stata commissariata. Il mandato del commissario è scaduto il 6 gennaio e il nuovo direttore, che firmerà le autorizzazioni a pubblicare le vetrine prima e le domande di finanziamento poi, è stato nominato (delibera del 26/01/2010 n.3/22), ma il suo nome resta un mistero.

Oltre ai valzer delle poltrone, è l’organizzazione del bando in sé a presentare delle criticità, evidenziate dai candidati stessi. Innanzitutto il nodo universitario: l’università di Cagliari ha presentato richieste per 120 assegni di ricerca di due anni, mentre l’ateneo Sassarese ne ha richiesto 94. A questi vanno sommati i fondi per i tirocini e i contratti a tempo determinato. A conti fatti quasi 11 dei 15 milioni del bando andrebbero a finanziare le università, in debito d’ossigeno a causa dei tagli operati dal ministero, lasciando 4 milioni scarsi alle imprese e agli altri enti pubblici.

A rendere la cosa ancora meno chiara è il criterio scelto per l’attribuzione dei finanziamenti: in ordine cronologico e fino ad esaurimento fondi. Nessun merito, nessuna valutazione strategica, nessuna considerazione del fatto che in moltissimi tra coloro che hanno riposto le loro speranze in questo bando, non abitano in provincia di Cagliari e sono geograficamente svantaggiati, dovendosi recare personalmente, dato che non fa fede il timbro postale, a depositare la domanda.

Infine la faccenda degli enti pubblici ampiamente intesi: a parte le università, che come abbiamo visto faranno la parte del leone, molti enti locali, provincie e comuni, assorbiranno delle risorse offrendo in cambio solo contratti a tempo determinato per un massimo di due anni. Infatti per assumere personale a tempo indeterminato, tali enti sono obbligati a svolgere concorsi a evidenza pubblica e la tempistica di tali operazioni è impossibile da sincronizzare con quella del bando. Quindi ci saranno tra due anni una massa di laureati licenziati dai comuni e di ricercatori ormai ultratrentenni ancora a spasso, perché ovviamente le università non potranno comunque permettersi, una volta finita la pacchia dei fondi europei, di mantenere tutti questi “bamboccioni”.

Si sarebbe dovuto prevedere un tetto di risorse destinate agli enti pubblici per evitare abusi di uno strumento che, così com’è stato strutturato contravviene allo spirito originario dell’iniziativa: rivitalizzare il sistema economico Sardegna investendo sull’inserimento di giovani altamente specializzati nelle nostre imprese.

Imprese spesso piccole ma ben radicate nel territorio. Imprese che potrebbero assumere a tempo indeterminato e dare finalmente ai giovani la prospettiva di un lavoro stabile e di una famiglia. L’apparato statale da un lato mette a disposizione i fondi e dall’altro li fagocita per saziare la sua sete inestinguibile di liquidità. La classe politica ha intenzione di fare qualcosa di tangibile? Non si tratta di bandiere o di voti, si tratta di risorse umane di alto profilo che, se non tutelate, rischiano di emigrare una seconda volta, e definitivamente. Una prassi che non è nuova e che danneggia irrimediabilmente il futuro della Sardegna.
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