Anche quest´anno, puntuali come l´arrivo del carnevale, a metà gennaio le associazioni venatorie riprovano con la nota arroganza a far prolungare la stagione venatoria per tutto il mese di febbraio
Il bersaglio è il Consiglio regionale che - a parer loro - dovrebbe prendere per oro colato ogni sillaba che esce dalle bocche dei loro rappresentanti e tradurre in legge questa pretesa, visto che andar a caccia a febbraio sarebbe il problema più importante della Sardegna. Nel corso degli anni si sono susseguite anche le motivazioni più inverosimili (bellissima quella secondo cui in febbraio gli uccelli si mangerebbero le olive che, in questo periodo, si trovano soltanto . negli scaffali dei supermercati.). Stavolta affermano che "una sentenza della Corte di Giustizia europea . permette l´estensione della caccia della fauna migratoria . al mese di febbraio" (L´Unione Sarda, 14 gennaio 2004) e che, visto che "la sentenza della Corte di Giustizia europea ha valore normativo" (dichiarazioni dell´avv. Sciarra, presidente della Federcaccia, La Nuova Sardegna, 14 gennaio 2004) il Consiglio regionale non dovrebbe far altro che prenderne atto. In poche righe tante cose, come di consueto, non rispondenti al vero. La sentenza della Corte di Giustizia europea (sez. VI) del 16 ottobre 2003 (procedimento C-182/02) non dice affatto quello che vorrebbero le associazioni venatorie sarde. A parte il fatto che, come tutte le sentenze del Giudice comunitario, ha valore dichiarativo e non "normativo", si occupa delle eventuali "deroghe" previste dall´art. 9, comma 1°, lettera c, della direttiva n. 79/409/CEE sulla tutela dell´avifauna selvatica ed afferma che esse non possono essere concesse "se l´unico scopo della misura che autorizza la caccia a titolo derogatorio fosse quello di prolungare i periodi di caccia a determinate specie di uccelli su territori già frequentati da queste ultime durante i periodi di caccia stabiliti conformemente all´art. 7 della direttiva 79/409 (cioè l´ordinario calendario venatorio che termina il 31 gennaio, n.d.r.)". Si tratta proprio della situazione sarda. Le "deroghe" possono essere autorizzate se si svolgano in condizioni rigidamente controllate ed in modo selettivo e si riferiscano a determinate specie faunistiche "in piccole quantità". In proposito basti ricordare che, secondo l´ultimo calendario venatorio che ha tentato di estendere la caccia a febbraio in Sardegna, gli esemplari abbattibili nel solo mese di febbraio dai circa 50 mila cacciatori isolani sarebbero stati addirittura 12 milioni. "Alla faccia del bicarbonato", avrebbe detto il grande Totò...
Tentatiti ripetuti, arroganti, violenti. Senza fondamento giuridico e semplicemente distruttivi del patrimonio faunistico. Vediamo i momenti salienti di questa lunga contesa per la salvaguardia del patrimonio faunistico.
Il T.A.R. Sardegna ha accolto, con ordinanza n. 13/2003 del 14 gennaio 2003, la richiesta di sospensiva del calendario venatorio regionale 2002-2003 che prolungava la stagione di caccia senza alcuna motivazione fino al 23 febbraio 2003. E´ stato, quindi, accolto il ricorso presentato dalle associazioni ecologiste Amici della Terra, Lega per l´Abolizione della Caccia (L.A.C.), WWF, Lega per la Protezione degli Uccelli (L.I.P.U.) e Lega Anti-Vivisezione (L.A.V.).
Il T.A.R. Sardegna non poteva fare diversamente: infatti, la Corte Costituzionale, con la recente sentenza n. 536 del 20 dicembre 2002, ha giudicato incostituzionale la legge regionale Sardegna n. 5/2002 che prevede il prolungamento della stagione venatoria fino alla fine di febbraio: la Corte ha affermato che - ancor più dopo la riforma del titolo V della Costituzione - le Regioni, anche a statuto speciale, devono osservare i criteri e parametri posti in sede nazionale per la tutela "minima" della fauna, soprattutto se in applicazione della normativa comunitaria.
La Corte costituzionale era già intervenuta sul punto, con numerose altre sentenze "cassando" proprio disposizioni simili, in quanto tempi e specie cacciabili vanno a costituire il "nucleo minimo" della tutela faunistica statale in applicazione della normativa comunitaria che le Regioni e Province autonome possono aumentare ma non certo diminuire. L´indirizzo giurisprudenziale è stato confermato anche dopo la riforma del titolo V della Costituzione che vede assegnata alla competenza esclusiva statale la materia "trasversale" relativa alla "tutela dell´ambiente e dell´ecosistema", fra cui rientra la salvaguardia del patrimonio faunistico. L´Assessorato regionale della difesa dell´ambiente, infatti, su voto deliberativo del Comitato regionale faunistico (organo "dominato" da cacciatori), aveva prolungato per diverse specie faunistiche (Alzavola, Cesena, Colombaccio, Beccaccia, Beccaccino, Marzaiola, Pavoncella, Tordo bottaccio e Tordo sassello) la stagione di caccia fino al 23 febbraio 2003, con ben otto giornate di caccia dopo il 31 gennaio, data ultima di chiusura della caccia prevista - anche con disposizione penale - dagli articoli 18 e 30 della legge n. 157/1992.
Dal canto suo, la Commissione Europea nel mese di ottobre dello scorso anno ha comunicato di aver aperto, su ricorso n. 2002/4388 delle associazioni ecologiste Amici della Terra, Gruppo d´Intervento Giuridico, Lega per l´Abolizione della Caccia e WWF, la procedura di infrazione n. 2002/4462 contro l´Italia a causa della legge regionale sarda n. 5/2002 e dei due decreti Assessore difesa ambiente n. 2 dell´8 febbraio 2002 e n. 19/V del 3 luglio 2002 relativi rispettivamente al prolungamento della stagione di caccia nel mese di febbraio 2002 ed all´analogo prolungamento fino al 23 febbraio 2003. Analogamente veniva censurata la similare legge regionale pugliese n. 7/2002.
Inoltre, va ricordato che era già stata inviata una lettera di "messa in mora" (18 ottobre 2002) "contestando la non conformità alla direttiva 79/409/CEE, sulla conservazione degli uccelli selvatici": entro il termine di sessanta giorni deve esservi adeguamento alle richieste comunitarie, altrimenti deciderà la Corte di Giustizia in una materia che ha già visto la condanna dell´Italia (spesso per provvedimenti regionali) da parte della Corte di Giustizia in altre quattro occasioni.
La Regione autonoma della Sardegna si era fatta forte della legge regionale n. 5/2002, che aveva previsto il prolungamento della caccia per tutto il mese di febbraio "a condizione che le specie non siano cacciate durante il periodo della nidificazione, né durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza e, qualora si tratti di specie migratoria, non vengano cacciate durante il periodo della riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione". Le direttive comunitarie in materia vietano, infatti, la caccia in tali periodi per non porre in pericolo le popolazioni faunistiche e tutti i pareri scientifici dell´Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (I.N.F.S.), organo tecnico ufficiale, indicano anche per la Sardegna il termine ultimo del 31 gennaio per la chiusura della caccia .
L´I.N.F.S. afferma esplicitamente in merito (nota prot. n. 3019 del 9 aprile 2002) con riferimento alla Sardegna che "la posticipazione della chiusura della caccia . nel mese di febbraio, in antitesi con le prescrizioni contenute nella legge n. 157/92, risulta fortemente criticabile dal punto di vista biologico e tecnico" sia in quanto colpisce popolazioni faunistiche depauperate dalla mortalità invernale, sia perché le specie sono impegnate nelle fasi della migrazione e prenuziali. Ed ancora, "risulta evidente la contraddittorietà della stessa legge approvata dal Consiglio Regionale della Sardegna, laddove viene indicata la necessità di tutelare le specie migratrici durante il periodo della riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione, mentre al tempo stesso viene consentito il prelievo venatorio fino al 28 febbraio nei confronti di soggetti che in febbraio sono impegnati nella migrazione prenuziale o nella nidificazione". Aspetti, comunque, ben noti fin dal 1988 e che indicano il termine del 31 gennaio quale data di chiusura dell´esercizio venatorio perchè rispondente alle esigenze di una corretta gestione delle popolazioni migratrici, in quanto emerge come l´Italia sia attraversata da importanti flussi migratori nei mesi di febbraio e di marzo, mentre tali movimenti iniziano ancor prima per talune specie. Si tratta di attività legate al periodo riproduttivo. Infatti, già in passato, a specifica richiesta della Regione Sardegna, l´I.N.F.S. rispondeva escludendo che esista nel peculiare sistema della Sardegna una situazione tale da giustificare alcuna deroga alla chiusura della caccia entro il 31 gennaio.
Come si può, quindi, vedere, siamo di fronte ad un esempio di grande arroganza da parte del mondo venatorio e di grande accondiscendenza da parte del mondo politico: in diverse altre regioni sono stati portati avanti analoghi tentativi e vi sono ben nove proposte di legge presentate alla Camera dei Deputati ed attualmente in esame presso la competente Commissione Agricoltura che mirano a peggiorare ulteriormente la situazione in materia. La Corte costituzionale è intervenuta per ben altre tre volte in pochi mesi proprio per annullare le disposizioni di leggi regionali che prevedevano la chiusura della stagione di caccia dopo il 31 gennaio: è il caso delle sentenze n. 311 del 15 ottobre 2003, n. 226 del 4 luglio 2003 e n. 227 del 4 luglio 2003 che, rispettivamente, hanno dichiarato incostituzionali la legge regionale Campania n. 15 del 26 luglio 2002 la legge regionale Puglia n. 7 del 21 maggio 2002 e la legge provinciale Trento n. 24 del 9 dicembre 1991.
Si tratta di un campo dove nei prossimi mesi sarà necessario investire particolari energie per evitare un grave peggioramento delle condizioni minime per la salvaguardia della fauna selvatica.
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