L'ex cantante dei Rokes accompagna il pubblico in un viaggio negli Anni Sessanta
ALGHERO - Quasi due ore e mezzo in stato di ipnosi. Questa la sensazione provata al Forte della Maddalena per il secondo appuntamento con "FestivAlguer 2008". Sul palco Shel Shapiro, ex cantante dei Rokes, oggi apprezzato in tour per l'Italia con "Sarà una bella società", recital tra musica e ricordi, scritto da Edmondo Berselli e racchiuso nel libro "Storie , sogni e Rock 'n Roll", accompagnato dal cd "Acoustic Circus", con la partecipazione di Fabio Treves ed Aldo Sisillo. Un viaggio negli Anni Sessanta che non ha certo deluso gli spettatori che hanno assiepato il Forte. Algheresi, ma anche turisti in vacanza e nostalgici giunti dai paesi limitrofi, tutti in silenzio ad ascoltare Shel, con la sua aria da santone. Un silenzio rotto ogni qualvolta partivano le prime note delle canzoni simbolo di quegli anni. Subito d'impatto il suo ingresso sul palco, al buio, con una torcia in mano, inizia il suo monologo sulla Londra della sua gioventù. Lui, componente di una famiglia ebrea di russi emigrati, per non dire scappati, ricorda i suoi primi passi, circondato dalla musica, tra uno zio materno concertista d'organo, una zia insegnate di musica alla Royal Academy, una madre ed il nonno paterno musicisti. Per il giovane Shel, gli Stati Uniti erano i suoni che uscivano dalla radio, come "Only You" dei Platters. Ricorda il boom del rock, per lui una scoperta fatta nel vecchio "Cinema Trocadero", con la colonna sonora del film "Il seme della violenza" firmata da Billy Haley. Prosegue con l'esplosione dei Beatles, fino ad Elvis Presley. Tra il suo mito, Jerry Lee Lewis e la musica spensierata dei Beach Boys. Canta e cita Bob Dylan, simbolo di un'America che non sarà più la stessa. Sono i tempi di John Fitzgerald Kennedy e di Martin Luther King. Ricorda la rivoluzione dei giovani contro la generazione precedente, con il sottofondo degli Animals e dei Rolling Stones. E da lì parte per spiegare il passaggio dall'amore al sesso, con le canzoni esplicite alla Jagger. Ricorda il suo arrivo in Italia, nel Maggio del 1963, e l'inaugurazione del Piper, quando i Rokes divisero il palco con l'Equipe 84 di Maurizio Vandelli. Si allungano i capelli, mentre sparisce il latino dalla liturgia ecclesiastica. Parte "The Wall" dei Pink Floyd. «Benvenuti nell'era post-moderna - annuncia Shapiro - Siamo diventati grandi, ma chissà se siamo diventati mai adulti». Parla di Woodstok, più per visionari che per rivoluzionari. Ragazzi con la visione di un sogno, non con quella di una rivoluzione basata sulla lotta di classe. L'utopia del "good vibrations" era troppo facile per il materialismo europeo. «Abbiamo fatto finta di cambiare il mondo - spiega - il mondo ha fatto finta di cambiare, ma non cambia mai, rimanendo tra mercato ed idea razionale». Emozioni in platea quando parte "E la pioggia che va". Alla fine, presentazione della band: Luigi Mitola e Daniele Ivaldi alla chitarra, Alessandro Giulini alla tastiera, fisarmonica e mandolino, Mario Belluscio al basso e Ramon Rossi alla batteria. Si finisce con un bis di "Surfin' Usa" dei Beach Boys ed il pubblico canta. Al termine del recital, dopo una pausa ristoratrice, Shel Shapiro si è fermato ad incontrare i fans che hanno atteso uno dei simboli della musica degli Anni Sessanta.
Nella foto: Shel Shapiro
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