Nella centrale di Fiume Santo E.On in occasione della fermata per la manutenzione del terzo gruppo, predilige le maestranze che arrivano dalla Campania e dalla Sicilia
PORTO TORRES - La riorganizzazione del lavoro della Multinazionale tedesca E.On indigna i sindacati e la comunità di Porto Torres, per la sua irremovibile azione aziendale mirante a riorganizzare le attività lavorative senza rispettare i vigenti protocolli delle relazioni sindacali, come anche le azioni volte a ridurre le posizioni lavorative, eliminazione di aree, linee, presidi, superamento unilaterale di modelli organizzativi consolidati nel settore elettrico nazionale, e il programma diretto a terziarizzare le attività strategiche e mettere in discussione il futuro dell’impianto, nonostante si sia a pochi giorni dall’annunciata definizione della vendita dell’impianto ad altro proprietario, i cechi Eph.
A tutto questo si aggiunge l’indifferenza dei tedeschi verso la situazione di crisi occupazionale che investe il territorio, denunciata dall’ex capogruppo in consiglio comunale del Partito democratico, Massimiliano Ledda. «L'azienda mette alla porta i lavoratori locali per tenersi soltanto quelli che arrivano da fuori. Stop dunque a circa 30 maestranze del territorio e via libera alla manodopera di altre regioni, in particolare napoletani e siciliani, con una decisione in apparente contrasto col codice etico aziendale».
Ancora una volta l'alto numero dei disoccupati non basta ad avere un occhio di riguardo per il territorio. E’ di questi giorni la notizia secondo cui, nella centrale di Fiume Santo la multinazionale tedesca in occasione della fermata per la manutenzione del terzo gruppo, stia prediligendo le maestranze che arrivano dalla Campania e dalla Sicilia. E guai a parlare di razzismo, come accade quando certi argomenti vengono utilizzati fuori dai recinti sindacali: «Non vogliamo mostrarci intolleranti, ma devono darci spiegazioni, evitando di eludere il sacrosanto principio delle pari opportunità e della dignità di tutti i lavoratori», ha aggiunto Ledda.
E ancora, a rincarare la dose è Nando Nocco esponente del Partito dei Sardi: «In considerazione del fatto che questi operai vengono chiamati a svolgere delle normali manutenzioni che non richiedono specializzazioni non presenti fra i nostri disoccupati ci chiediamo quali siano le motivazioni che spingono le ditte appaltatrici come la Ctm a non attingere dalle liste dei disoccupati del nostro territorio», ha dichiarato Nocco, che aggiunge «Dobbiamo ancora una volta prendere atto che la multinazionale E. On dimostra uno scarso interesse per le problematiche sociali e occupazionali del territorio in cui opera, lasciando un segno negativo che rimarrà dopo il suo abbandono».
Tuttavia Nocco auspica che la nuova società che dovrà subentrare in questi giorni, la ceca Eph sia più attenta e aperta alle problematiche occupazionali, ambientali e sociali del territorio e che la nuova amministrazione cittadina che verrà curi con maggiore attenzione e dialogo costruttivo i rapporti con essa e di conseguenza con tutte le società che operano nel sito industriale. Intanto i sindacati avevano espresso il loro disappunto per la decisione di E.On di non confermare i contratti di lavoro «sconvolgendo l’organizzazione aziendale con il solo intento di “tagliare” ancora posti di lavoro, polverizzare aree e linee organizzative presenti in tutte le centrali d’Italia».
Denunciano così una situazione che perdura da tempo, le segreterie delle Organizzazioni sindacali Flaei-Cisl e Uiltec-Uil che avevano dichiarato per il periodo dal 1 al 30 giugno 2015 lo sciopero degli straordinari programmati o programmabili, degli spostamenti di orario e delle ore viaggio, e l’astensione dei lavoratori dalle sostituzioni di posizioni lavorative vacanti ovvero scoperte per assenze di lunga durata. L’astensione volontaria dal lavoro coinvolge tutti i lavoratori dipendenti da società del Gruppo E.On con sede di lavoro a Fiume Santo. I segretari regionali Flaei e Uiltec, Giuseppe Buia e Franco Peana, sono convinti che, la multinazionale tedesca andando via senza rispettare nessun contratto di lavoro, accordo sindacale e violando le leggi italiane, intenda consegnare l’azienda al nuovo acquirente garantendogli la possibilità di decidere in maniera arbitraria sul futuro dei lavoratori e dei cittadini locali.
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