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Monica Caggiari
18 gennaio 2006
Area marina protetta: tempo di bilanci in commissione
Una riunione di commissione portata avanti, per l’importanza e l’interesse che verte attorno all’argomento, sebbene mancasse il numero legale. Si è svolto così, nel pomeriggio di ieri, 17 gennaio, l’incontro della V commissione sull’ambiente, incentrato sul resoconto delle attività svolte dall’Area Marina Protetta di Capo Caccia–Isola Piana

ALGHERO - Ad illustrare l’attività è stato il direttore dell’Amp, Gianfranco Russino, che, partendo dall’iter burocratico che ha portato all’istituzione nel 2002, ha spiegato le finalità dell’area e descritto nel dettaglio la suddivisione in 3 zone, con le rispettive diversificazioni nella preservazione dell’ambiente marino. In particolare è stato spiegato il divieto totale di balneazione nelle zone cosiddette A, che delimitano l’Isola Piana, circoscrivendola quasi totalmente, e Punta Sant’Antonio, che racchiude la preziosa Grotta del Corallo Rosso. Una tutela estrema, che secondo Russino è indispensabile ai fini delle sperimentazioni scientifiche, ma che avrebbe potuto far a meno delle segnalamenti galleggianti, imposti dal ministero e che il direttore dell’Area Marina avrebbe volentieri evitato per quel «codice marinaresco –così Russino– che avrebbe in ogni caso fatto rispettare i limiti dell’area A». Una parte del dibattito è poi caduto sull’argomento della pesca al riccio, che, ad eccezione della zona di divieto assoluto, è autorizzata, ma solo ad 8 pescatori professionisti, residenti ad Alghero e attrezzati solo per quel tipo di pesca. E le regole in generale hanno monopolizzato il discorso e l’attenzione della commissione. Russino ha sottolineato a tal proposito come spesso siano i non residenti a violare le limitazioni relative all’area, perché «avendo casa in zona pensano di aver anche acquistato il rispettivo tratto di mare, intendendo l’area come una personale zona di pesca». Altro punto cruciale è stata l’illustrazione del sito web www.ampcapocaccia.it, richiesto sempre dal Ministero, aggiornato, chiaro e di facile consultazione. A questo si è aggiunta la segnalazione del progetto Corallo Rosso, per lo studio delle possibilità di conservazione in siti superficiali, ora già nella sua fase finale, e il progetto di allestimento di un campo ormeggio, per ovviare ai danni provocati dai ben 234 corpi morti rinvenuti nell’area, a fronte dei 32 autorizzati con 9 gavitelli. Un danno enorme per la preziosa posidonia, che dalle catene sommerse insieme ai corpi morti viene falciata per tutto l’anno. La seduta si è poi conclusa con una richiesta formale al Comune, che è l’ente gestore, al quale Russino ha chiesto un maggiore controllo attraverso un coordinamento centrale dei numerosi organi di vigilanza.
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