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Cor 21 maggio 2022
Sardegna Archeologica al Salone di Torino
La Sardegna archeologica nuragica e romanica si promuove al Salone del Libro di Torino. Gli editori sardi, riuniti in un ampio stand del Lingotto, non fanno mancare i titoli dedicati ai lettori più impegnati, agli appassioni e curiosi o ai bambini


TORINO - In questo tempo che finalmente sembra prendere misure meno severe di un Covid non sconfitto, ma forse contenuto, la Sardegna Archeologica è la protagonista indiscussa degli incontri nazionali ed internazionali di promozione culturale e turistica. Le tappe di marcia sono quelle canoniche della promozione: Paestum, Firenze, Milano ed ora, il Salone del libro di Torino 2022. Gli editori sardi, riuniti in un ampio stand del Lingotto, non fanno mancare i titoli dedicati ai lettori più impegnati, agli appassioni e curiosi o ai bambini.

Ad aiutare tutti ad avere una cognizione immediata e chiara della geografia dei luoghi più rappresentativi della storia sarda, sono le carte tematiche degli itinerari della Sardegna nuragica e del romanico. Ben presenti in Fiera con immagini e proiezioni, suggestionano i visitatori immergendoli in una visita virtuale e temporale della Sardegna, in un fine maggio che prelude la prossima stagione estiva. Mappe ed itinerari tematici utili non solo per costruire un più attento calendario di viaggio nell’isola, per non perder nulla nel percorso che si è deciso visitare, ma soprattutto per entrare in armonia più consapevole, con la storia e l’anima dei luoghi che si vanno visitando.

E se sarà utile la lettura delle agili e sapienti guide turistiche della storica collana Sardegna Archeologica, edite dalla Carlo Delfino Editore e firmate dagli stessi archeologi che hanno curato lo scavo delle decine dei luoghi narrati, per capire il medioevo, sarà indispensabile comprendere le pagine dedicate alle cattedrali romaniche della Sardegna. Sarà così più facile viaggiare in un’isola dal paesaggio scandito da torri e fortezze nuragiche di ciclopiche dimensioni che si alternano o affiancano a monasteri, basiliche e chiesette testimoni di abitati di un medioevo sardo, non sufficientemente noto ai più. È la storia di un lungo medioevo che, all’indomani della fine dell’impero romano d’occidente, proietta la Sardegna nell’orbita nord africana, conosce il passaggio delle culture vandale e gote, per approdare al controllo bizantino.

Ed insiste proprio dalla divisione in subregioni affidate al governo di magistrati, il germe di quei regni giudicali che troveranno storia ed autonomia propria, per oltre cinquecento anni, in un contesto italico, europeo e mediterraneo anche dopo la fine dell’eredità romana di Bisanzio.

Si comprende così il ruolo dei grandi monasteri diventano centro di culto, di produzione agricola ed artigianale; nuclei propulsori di nuovi abitati decentrati dalle vecchie città puniche e romane, spesso vicini ad antichi villaggi nuragici non più abitati, custodi del controllo di una campagna da coltivare e far produrre in una geografia economica territoriale che disegna o riusa antiche vie. È la storia di un medioevo che non conoscerà il feudalesimo ma che si evolve in giudicati, quasi regni, prima autonomi poi assorbiti a nord e sud, dalle Repubbliche marinare di Pisa e Genova, per poi cedere sul principio del quindicesimo secolo, all’inesorabile conquista della Corona d’Aragona che segna l’avvio dei secoli spagnoli e pre-piemontesi, della Sardegna.

Giudici quasi re, che fanno erigere castelli, basiliche e cattedrali, che scrivono con scrittura propria, che dialogano con il papa e fanno affari internazionali e governano terre con il consenso popolare di curatorie rappresentate in assemblea al cospetto di un giudice che governa come un re, ma che deve tener conto del volere del volere dei rappresentanti del popolo. Questo è parte di quanta storia è portata alla conoscenza del pubblico del Salone del libro da parte dei lungimiranti amministratori di territori interni dell’Unione dei Comuni del Meilogu e che hanno aderito alla rete di circa cento comuni riuniti nella Fondazione Isola del Romanico che, a buon diritto, reclamano ed ottengono l’attenzione del pubblico di Torino.
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