Investire in innovazione, ricerca e sviluppo e formazione, riformare il settore dell’istruzione, delle università. Questo il messaggio e, insieme, la sintesi della tre giorni che si è conclusa sabato, dal titolo “Il futuro delle professioni e l’impatto sul welfare”, organizzata da Valore, che ha riunito i maggiori esperti del settore
CAGLIARI - Investire in innovazione, ricerca e sviluppo e formazione, riformare il settore dell’istruzione, delle università. Questo il messaggio e, insieme, la sintesi della tre giorni che si è conclusa sabato, dal titolo “Il futuro delle professioni e l’impatto sul welfare”, organizzata dalla Valore, che ha riunito i maggiori esperti del settore in un confronto dedicato non solo al futuro del lavoro, ma soprattutto ai modelli organizzativi che lo sottendono, dagli investimenti che sarà in grado di sviluppare alle dinamiche sociali che lo caratterizzeranno. I contributi sono stati elaborati e raccolti in un paper dedicato all’influenza dell’innovazione digitale sulle professioni ed i lavori del futuro, «che invieremo ai ministri Di Maio e Salvini, affinchè ne traggano spunto e ai quali abbiamo chiesto un incontro di approfondimento», commenta l'amministratore delegato della Valore Stefano Ronchi. Tra i presenti all’evento di Chia Laguna, Davide Casaleggio (presidente di Casaleggio associati), Mattia Fantinati (sottosegretario alla Pubblica amministrazione), Paola De Micheli (vicesegretario del Partito democratico e deputata nella Commissione Bilancio alla Camera), Renata Polverini (deputata e vicepresidente della Commissione lavoro alla Camera), Francesco Verbaro (senior advisor Adepp), Mario Mantovani (presidente della Confederazione italiana dirigenti e alte professionalità) e Sergio Corbello (presidente di Assoprevidenza).
In base al sondaggio realizzato da Euromedia research, l’investimento in ricerca ed innovazione è la priorità che la politica dovrebbe mettere al centro della propria agenda (22,4percento), seguita dalla creazione di una società più giusta e solidale (22percento) e dalla formazione (19,2percento). Per Casaleggio, «più che il lavoro dobbiamo difendere i lavoratori. E sono tre le possibili soluzioni: il reshoring, gli investimenti in ricerca e sviluppo, la formazione continua. Oggi, sul settore Ricerca&Sviluppo, investiamo l’1,3percento del Pil, la metà rispetto alla Germania, un quarto rispetto alla Corea. Oggi possiamo dire che ci saranno nuovi lavori, ma non possiamo mettere sotto al tappeto il fatto che la tecnologia avrà un impatto forte non solo sul lavoro che faremo, ma soprattutto sul tempo che vi dedicheremo. Solo se abbiamo presente questo tema possiamo pensare alle soluzioni. Se, al contrario, nascondiamo la questione sotto al tappeto, andremo incontro al problema ed inizieremo ad importare da chi, invece, avrà investito in innovazione». Per il 28percento degli italiani, le classi dirigenti future si formeranno nelle aziende e nelle imprese, per il 25,7percento nelle università, per il 9,7percento nelle scuole superiori, per il 6,1percento nella politica e nel mondo istituzionale. «Dobbiamo fare leggi che siano sempre più durature soprattutto su questi temi – dice Fantinati –Internet non distruggerà il lavoro, ma ne creerà altri: le professioni si stanno trasformando e dobbiamo far sì che la politica aiuti queste trasformazioni». «Molti dei nuovi mestieri saranno volti al servizio delle persone – ha commentato De Micheli- è necessaria dunque una riflessione profonda sugli strumenti in campo e dobbiamo progredire sulle risposte per le prossime generazioni senza partire dal presupposto che la politica debba avere per forza ragione». Secondo Polverini, è necessario «elaborare un progetto formativo che sia all’altezza delle sfide future e trovare un momento di condivisione per capire come mettere in capo un sistema che dia le giuste opportunità, soprattutto sulla scuola».
Per il 59,1percento degli intervistati da Euromedia research, il mondo delle professioni negli ultimi cinque anni non è cambiato in maniera rilevante mentre, per il 35,5percento, in futuro si modificherà, ma lentamente, perché i cambiamenti fondamentali sono già avvenuti negli ultimi cinque anni. «Un dato importante – commenta Luca Eleuteri, della Casaleggio associati - Si tratta di una chiara sottovalutazione del contesto attuale, che è in crescita esponenziale. C’è un ritardo del Paese rispetto ai principali trend di innovazione digitale e dunque le persone hanno una percezione errata del cambiamento». Rispetto alla previdenza complementare, secondo Corbello, «in una situazione di grande cambiamento potrebbe affermarsi quello che anni fa fu definito “il sindacato dei cittadini” preposto a tutelare il singolo nel contesto sociale in relazione a diverse tipologie di bisogni e non in ragione della posizione lavorativa: un sindacato di questo tipo parrebbe più propenso a promuovere coperture di previdenza complementare attraverso l’adesione plurima da parte degli iscritti a forme individuali, magari sviluppando momenti cooperativistici». Per Mantovani, tecnologie e modelli organizzativi trasformeranno il lavoro umano, «ma l’ambito nel quale il quadro appare bloccato è quello normativo. La criticità più evidente è la distinzione normativa tra lavoro autonomo e dipendente: per molti anni, in Italia, la principale imputata è stata, non a torto, la rigidità dei contratti di lavoro». Per la ceo di Impactscool Cristina Pozzi, «le nuove tecnologie hanno la capacità di cambiare il modo in cui vengono svolte le professioni e sarà necessario conoscere i nuovi strumenti: non perderanno il lavoro coloro che svolgono determinati lavori tout court ma coloro che continueranno a svolgerle senza servirsi delle nuove tecnologie».
Nella foto: l'onorevole Renata Polverini
Commenti